Indennità di accompagnamento
L’indennità di accompagnamento è un beneficio economico che viene riconosciuta nei confronti di chi, invalido totale, si trovi nell’impossibilità di deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore oppure nei confronti di chi non sia in grado di compiere gli atti quotidiani della vita (lavarsi, vestirsi, cucinare, etc).
Attualmente, l’importo del beneficio e’ pari ad € 531,76 per dodici mensilità all’anno (ossia € 6.381,12 annui) e l’importo viene erogato indipendentemente dal reddito del beneficiario.
Il richiedente però non deve essere ricoverato in una struttura a totale carico dello Stato (ad esempio in un reparto di lungodegenza di un ospedale).
Dunque in caso di ricovero di un anziano in un c.d. pensionato, il medesimo avrà certamente diritto al beneficio se una parte della retta è a suo carico e/o dei suoi familiari.
I requisiti sanitari utili per il beneficio sono accertati – previo rilascio di una certificazione medica dal proprio medico curante e l’invio, direttamente oppure tramite un patronato, di apposita domanda all’INPS – da una Commissione Medica, la quale redige un verbale a seguito della visita del richiedente (a volte la visita è sostituita da un esclusivo esame della documentazione medica), verbale che viene successivamente comunicato dall’INPS allo stesso richiedente.
Nel caso in cui la Commissione Medica non riconosca i requisiti sanitari utili per il detto beneficio economico, sarà possibile rivolgersi al Tribunale – entro sei mesi dalla ricezione del verbale negativo – al fine di ottenere in tempi ragionevoli tale riconoscimento.
In tal caso, se i requisiti sanitari sono riconosciuti come presenti sin dalla domanda amministrativa, l’INPS sarà tenuta a corrispondere anche gli arretrati.
E’ di grande attualità il caso degli invalidi che, pur presentando regolare domanda, non vengano chiamati a visita dalla Commisdione Medica, non potendo così concretamente accedere al beneficio economico.
Ebbene è da dirsi che il procedimento dovrebbe chiudersi entro 120 giorni dalla domanda, decorsi i quali la stessa s’intende respinta.
In tal caso potrà essere proposto ricorso giudiziario entro il termine di decadenza di sei mesi.
Pertanto se sono decorsi oltre dieci mesi dalla domanda senza che vi sia stata convocazione del richiedente, può essere opportuno, essendo decorsi i quattro mesi previsti per espletare la domanda e i sei mesi per presentare ricorso in Tribunale, rinviare una nuova domanda per il beneficio per poi presentare immediatamente ricorso in Tribunale dopo 120 giorni dalla stessa nuova domanda.